CONVEGNO 2002

Intervento Diego Tajani

Un cutrese ministro

Discendente di una nobile ed antica famiglia di Vietri sul Mare (SA), Giuseppe Tajani, padre di Diego, già ufficiale napoleonico e seguace di Gioacchino Murat nell’avventurosa impresa conclusasi tragicamente sugli spalti del castello di Pizzo Calabro, aveva condiviso l’esperienza dura della guerra e dell’esilio con un altro patriota calabrese, il cutrese Giuseppe Guarany.
Il caso volle che nel 1821 si ritrovassero insieme a Cutro, essendo il Tajani capitano nel marchesato di Crotone per ragioni connesse ad un incarico di lavoro in qualità d’ingegnere (il primo tracciato della strada nazionale Reggio-Taranto).
Questo sodalizio, ravvivato dai comuni ideali rivoluzionari e repubblicani, propiziò il matrimonio tra il Tajani e la cognata del Guarany, Giuseppina Cattizzi. Dalla felice unione nacque appunto Diego l’8 giugno 1827, proprio a Cutro, in contrada della Banda. Così è chiamata ancora dai più anziani del paese attuale via Croce, le cui traverse diramantisi a sud ed un vico, dove sorgeva il palazzo signorile dei Guarany, ricordano il nome del nostro giureconsulto ed uomo politico dell’epopea risorgimentale.
Affidato alle cure di un ecclesiastico della ricca erudizione, Diego Tajani apprese nel suo paese natale i primi rudimenti del sapere; ma ben presto, ancora adolescente, dovette seguire la famiglia che si trasferì a Vietri sul Mare, patria di origine del padre. Intrapresi gli studi universitari a Napoli, già ben nutrito di una solida cultura umanistica, alla facoltà di Giurisprudenza, dove si era iscritto, ebbe la fortuna di assistere alle lezioni di Diritto e Procedura Penale dal prof. Nicola Nicolini, che fu primo Presidente della Corte Suprema di Giustizia del Regno delle due Sicilie.
Il 7 maggio del 1850, all’età di 23 anni, conseguì la laurea in legge ma continuò a coltivare i suoi interessi culturali nei più diversi campi dello scibile, dalla letteratura alla filosofia, dalla scienza delle dottrine politiche alla medicina.
Il suo esordio nella libera attività forense fu sensazionale perché, dopo alcuni anni di apprendistato, colse con entusiasmo l’occasione di far parte del collegio di difesa in un processo politico che si celebrò a Salerno e che all’epoca suscitò enorme scalpore: quello che nel 1857 subì il patriota repubblicano Giovanni Nicotera di Sambiase (CZ) insieme agli altri 16 compagni scampati alla sfortunata spedizione di Carlo Pisacane. La convinta adesione dell’avvocato Tajani alle idee politiche che avevano dato origine all’impresa antiborbonica mise in sospetto la Corte e le autorità di polizia che vedevano in quel tempo rivoluzionari e cospiratori dappertutto. La logica stringente dell’arringa valse, comunque, ad evitare al Nicotera la condanna a morte ma non quella del carcere a vita da scontare nel penitenziario dell’Isola di Favignana nelle Egadi.
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